Hollywood – Una miniserie che sa il fatto suo ~ ☕☕☕☕

hollywood-key-art-poster-1-CopiaSalve a tutti! Come state?

Con la fine della quarantena e l’inizio dell’estate sembra che la voglia di vedere serie TV stia scemando, almeno per me, ma comunque non abbastanza da farmi rinunciare alle ultime uscite di Netflix. Se poi queste ultime uscite coinvolgono Hollywood, gli anni ’50 e Jim Parsons, be’, la luce del sole può aspettare (okay, sia chiaro che sto esagerando, stare al sole fa bene).

Sono proprio questi gli ingredienti che compongono Hollywood (chi l’avrebbe mai detto?),  la miniserie uscita sulla piattaforma il 1° maggio e di cui mi sono lentamente ma inesorabilmente innamorata.

Se siete curiosi di sapere di cosa parla…

HOLLYWOODSiamo nella Golden Age di Hollywood, subito dopo la fine della seconda guerra mondiale, e il cinema è la nuova industria su cui tutti, in un modo o nell’altro, vogliono mettere le mani. La storia si svolge intorno agli Ace Studios e ai personaggi che vi lavorano:

  • Jack Castello (David Corenswet), ex veterano, aspirante attore, con un mutuo da pagare e due figli in arrivo, disposto a tutto pur di sfondare, perfino a fare il gigolò per un losco benzinaio di nome Ernie West (Dylan McDermott);

    i ragazzi di Ernie

    Raymond, Archie, Jack e Roy

  • Archie Coleman (Jeremy Pope), scrittore, che sogna di vedere la sua sceneggiatura sul grande schermo, ma è ostacolato dal colore della sua pelle;
  • Roy Fitzgerald (Jake Picking), anche lui aspirante stella del cinema, segretamente gay, innamorato di Archie, e comandato a bacchetta dal suo perfido agente, Henry Willson (Jim Parsons);
  • Claire e Camille

    Claire e Camille

    Camille Washington (Laura Harrier), attrice di innegabile talento stufa di interpretare sempre la serva, rivale della biondissima Claire Wood (Samara Weaving), che, tra l’altro, è la figlia del proprietario degli Ace Studios;

  • Raymond Ainsley (Darren Criss), fidanzato di Camille, per metà filippino e regista in erba, con il sogno di vedere il suo film – L’angelo di Shanghai – sul grande schermo con protagonista la talentuosa ma ignorata Anna May Wong (Michelle Krusiec).
il team degli ace studios

Il team degli Ace Studios: Dick, Ellen e Avis, insieme a Eleanor Roosevelt

I sogni e i desideri di questi protagonisti sono in mano ad altri personaggi, in primis in mano ad Avis Amberg (Patty LuPone), moglie del proprietario degli Ace Studios e madre di Claire, costretta a prendere il posto del marito nell’azienda in seguito ad un malore. Ad essere potenziali ostacoli o propulsori verso la realizzazione dei sogni ci sono anche il produttore Dick Samuels (Joe Mantello) e l’esecutivo e mentore Ellen Kincaid (Holland Taylor). La “squadra” si mette insieme per produrre Meg, il film di Archie, destinato a rivoluzionare l’America, forse il mondo intero, e i sabotaggi non sono pochi. Fino a dove sei disposto ad andare, quali confini ad attraversare, per ottenere ciò che desideri?

 

La Kincaid e Jack

Jack e la sua mentore Ellen Kincaid

Come potete vedere, per avere solamente 7 puntate, il cast è vastissimo, ma vi posso assicurare che nessuno di questi personaggi è “superfluo”, anzi, tutt’altro, ed è per questo che non potevo assolutamente non nominarli tutti. Sono personaggi estremamente umani, che ti entrano nel cuore, indimenticabili; perfino un personaggio all’apparenza antipatico come Claire Wood, o come quel pazzo di Henry Willson, alla fine, riesce a piacerti. Senza contare che le performance degli attori sono di altissimo livello.

 

hollywood_5La storia, poi, ti tiene davvero incollato allo schermo, e quelle 7 ore passano in un baleno: riusciranno a fare il film? Avis si lascerà convincere? Quanto ci metterà la moglie di Jack a lasciarlo per quello che ha fatto? Tutti questi interrogativi ti costringono ad andare avanti.

Un’altra chicca di questa serie è che la storia è, in parte, vera: alcuni dei personaggi (come Anna May Wong, Rock Hudson e Henry Willson) sono versioni “romanzate” di personaggi hollywoodiani realmente esistiti, altri basati su persone realmente esistite. Ciò rende la storia in qualche modo più credibile, una favola che diventa realtà, aumentando ancora di più l’immersione dello spettatore al suo interno e ponendogli tante domande.

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Anna May Wong e Camille Washington

Per esempio, come sarebbe diverso il cinema di oggi se qualcuno, negli ultimi anni ’40, avesse preso la decisione coraggiosa di produrre un film con protagonista una ragazza afroamericana e come co-protagonista un’attrice asiatica? Se qualcuno avesse deciso di produrre il film di uno scrittore afroamericano, in un’epoca in cui le leggi razziali avevano già cominciato a prendere piede? Se un personaggio famoso avesse deciso di fare coming out negli anni ’40, la comunità LGBTQ+ di oggi avrebbe una vita più semplice? Sono domande che provocano, accusano, rendendo la serie anche, in un certo senso, politica: è proprio vero che oggi la discriminazione degli anni ’40 non esiste più? hollywood_2Nella società di oggi siamo davvero liberi di essere ciò che siamo, a prescindere dal colore della nostra pelle, dal nostro credo e dalla forma che diamo all’amore? Forse sì, forse no, non del tutto. Questa serie ci forza a risponderci. E a chiederci, se negli anni ’40 la “favola” di Hollywood fosse stata vera, oggi le cose sarebbero come sono?

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Fiction vs Reality: Rock Hudson

Oltre alla storia, a rendere la serie molto interessante è anche lo spaccato che offre sul mondo del cinema (e soprattutto della produzione) dell’epoca, sui criteri che venivano utilizzati per decidere quali film produrre. Non è certo la prima serie a mostrare qualcosa del genere, ma l’ho trovato comunque molto più interessante della tipica problematica che affrontano molti altri prodotti (sia sul grande che sul piccolo schermo) che parlano del cinema e riassumibile nella massima “dalle stelle alle stalle” (che anche in Hollywood non manca, ma non è il nocciolo della storia).

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Mai visto un Jim Parsons così!

In sintesi, questa serie mi è piaciuta parecchio, e la raccomando moltissimo a chiunque sia interessato al mondo del cinema e abbia voglia di immergersi, anche solo per un po’, nell’atmosfera della Hollywood degli anni ’40-’50 (AVVERTENZE: nelle prime tre puntate ci sono parecchie scene di nudo, proprio tante. Se siete particolarmente sensibili, forse non fa al caso vostro).

Pennac

 

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