Buongiorno a tutti! Come state?
Nel caso non si fosse capito, io adoro le miniserie, e Netflix, come ha già ampiamente dimostrato, è in grado di produrne alcune davvero belline (Hollywood, Alias Grace, solo per citarne alcune). Da qualche tempo è uscita The English Game, che mi incuriosiva ma allo stesso tempo i calciatori sulla locandina… be’, diciamo che ero un po’ “meh”, visto che non sono una grande fan del gioco del calcio. Però era una serie di Julian Fellowes, creatore di quella magnifica serie che è Downton Abbey, quindi c’erano buone probabilità che mi piacesse, quindi… alla fine ho ceduto e ho realizzato che è proprio vero quel che si dice: meglio non giudicare un libro dalla copertina… o una serie dalla locandina.
Ma di che parla? La trama in breve.
Siamo nell’Inghilterra del 1875. Il calcio è un gioco appena nato, popolarissimo specialmente tra le classi più benestanti, che ne hanno scritto le regole. Ogni anno la Football Association organizza una competizione tra le varie squadre del paese, eppure nessuna squadra della working class è mai arrivata a vincere la coppa – nemmeno a giocare la finale, a dirla tutta.
A Darwen, Lancashire, il proprietario del mulino James Walsh (Craig Parkinson) ha appena invitato a giocare nella sua squadra formata dagli operai del mulino due fortissimi giocatori scozzesi, Fergus Suter (Kevin Guthrie) e Jimmy Love (James Harkness), nella speranza di sconfiggere la ricca squadra degli Old Etonians nella corsa alla coppa. Quest’ultima è capitanata da Arthur Kinnaird (Edward Holcroft), figlio di un banchiere, sposato con la giovane Alma (Charlotte Hope), che non desidera altro che un figlio.
Alle tensioni crescenti per la grande competizione sportiva, si uniscono i problemi della piccola città industriale, tra riduzioni di salario, proteste e rivolte, nonché i problemi personali e i conflitti interiori di Kinnaird, che deve scegliere se ignorare il mondo in cui vive o provare a fare qualcosa per cambiarlo.
Premetto che Arthur Kinnaird e Fergus Suter sono personaggi realmente esistiti, che hanno fatto la storia del calcio, rendendolo il gioco seguito e amato in tutto il mondo che conosciamo oggi. Pur non essendo io stessa appassionata di calcio, la serie mi ha presa moltissimo – se lo fossi stata, forse mi sarei immedesimata ancora di più nei personaggi.
I personaggi sono tutti ben caratterizzati e un continuo “amo et odi” (a parte Jimmy, lui si ama sempre) ma la cosa che più mi è piaciuta è il fatto che venga data molta importanza anche ai (pochi) personaggi femminili, che, a mio parere, seppur indirettamente sono le ruote motrici del cambiamento non solo del gioco, ma anche dei giocatori.
Un’altra delle cose che mi è piaciute di più è il modo in cui vengono mostrate le realtà della upper e della working class e anche qui ha più la forma di una constatazione, se così si può dire, che non un giudizio di tipo sociale che vada a biasimare l’una o l’altra parte. Il biasimo c’è da parte dello spettatore, a volte da parte dei personaggi, ma mai da parte “della telecamera”, ed è un aspetto che mi era piaciuto già in Downton Abbey.
Un vero peccato che questa serie sia così poco conosciuta: io personalmente l’ho trovata carina, ben recitata, scorrevole e sorprendentemente appassionante, anche per chi non è fan del gioco.
Voi l’avete vista? Che ne pensate?
Pennac
Anche io l’ho trovata carina e nemmeno a me piace il calcio 🙂
Il protagonista l’ho trovato convincente
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