Make Happy – quanto sei felice da 1 a 0? ~ ☕☕☕☕☕

Ieri sera vagavo su Netflix, alla ricerca di qualcosa di interessante da vedere, e sono casualmente incappata in Make Happy di Bo Burnham.

Ora, se non sapete chi sia Bo Burnham, è un giovane comico americano, i cui spettacoli sono un mix di sarcasmo e ironia e introspezione che prende vita con l’alternarsi di brevi monologhi e assurde canzoni.

Ho sempre trovato affascinante come Bo passasse da canzoni meramente comiche e canzoni pregne di significato, con vari livelli di interpretazione, che ogni volta rivelano qualcosa di nuovo.

Insomma, se non si fosse capito, mi è sempre piaciuto molto, ma non avevo idea un suo spettacolo fosse uscito su Netflix, così appena me lo sono trovata davanti non ho potuto non fiondarmi a vederlo.

Be’, che dire, questo ragazzo si è più che superato, di nuovo.

Lo spettacolo è estremamente divertente e l’interazione con il pubblico è fantastica. Ma fin qui nulla di sorprendente, Bo Burnham è sempre stato così – e l’ho sempre apprezzato proprio per queste sue caratteristiche.

Poi è successo qualcosa.

Verso la fine dello spettacolo, Bo ha fatto un discorso estremamente schietto sulla “recitazione”, su come sia cresciuto, su come sia arrivato fin qui e poi ha cantato una canzone, che mi è entrata dentro.

Inizia parlando di scemenze, fingendo che i grandi problemi della sua vita siano futilità (scusate la vaghezza, ma non voglio assolutamente spoilerarvi questo pezzo d’arte), poi, improvvisamente, apre la sua anima a tutti noi.

E il punto non è che i suoi problemi reali siano una cosa assurda o i problemi più grandi del mondo. Il punto è il modo con cui sceglie di parlarne. La sincerità. La vulnerabilità. La tristezza.

E quel “I don’t think that I can handle this right now” (non penso di farcela ora) acquista un significato ancor più triste sapendo che poco tempo dopo Bo Burnham si è ritirato dalle scene.

Come se tutto ciò non bastasse, Make Happy non termina con la fine dello spettacolo, bensì con una canzone “dietro le quinte”, diciamo così. Una canzone che riassume quello che Bo voleva comunicare tramite lo spettacolo. Una canzone che esprime il grido d’aiuto che questo incredibile artista stava lanciando.

Una canzone in cui Bo chiede a ognuno di noi di aiutarlo a trovare quell’unica cosa che “lui cerca di dare agli altri perché non riesce a dare a se stesso”.

Che dire, pensavo che mi sarei trovata davanti uno show divertente, come tutti gli sketch che avevo visto su Youtube negli anni, ma Bo Burnham si è superato e mi ha lasciato con un sapore dolceamaro in bocca. Mi ha fatto ridere, mi ha fatto scendere una lacrimuccia, mi ha fatto pensare. Tanto.

Uno spettacolo quasi catartico, forse perché è così facile identificarsi in quello che dice.

Lo consiglio, lo consiglio di cuore a tutti perché lo trovo veramente eccezionale.
E vi consiglio anche di recuperare su Youtube le canzoni che non sono presenti nello spettacolo, di recuperare altri suoi spettacoli. Vale davvero davvero la pena.

Se, comunque, proprio non doveste voler vedere l’intero spettacolo, aprite Nettflix, cliccate su Make Happy e andate al minuto 45 e vedete questi ultimi 15 minuti, fino all’ultimo secondo.
Ma, a mio modesto parere, perde un po’ in potenza senza i 45 minuti precedenti.

Pirandello

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